Un urlo che spezza la notte.
Il tuono impetuoso in un cielo che era stato sereno.
Lo stesso senso di soffocamento che assale i claustrofobici rimasti chiusi in ascensore.
La caduta libera da una scogliera.
L’ira funesta di un toro nell’ arena.
Il dolore lacerante di chi si è ferito.
La quiete malinconia che prende il posto della sofferenza, quando anche l’ultima lacrima è stata versata.
E poi quella cicatrice sul cuore, che nessuno vede, ma tu sai che esiste e che porta il nome che avresti dato a tuo figlio; se il destino, il fato, Dio o a chiunque tu voglia attribuire la colpa, non lo avesse strappato dal tuo ventre caldo e amorevole per riportarselo via.
Queste sono le tappe crudeli che toccano le tante donne nel mondo, che si ritrovano ad affrontare un aborto. Spesso il fardello lo portano da sole altre volte sorrette da chi condivide quello stesso dolore. Se poi alla perdita aggiungiamo una gravidanza a lungo cercata e arrivata solo grazie alla scienza, il dolore ci pare quasi di poterlo toccare con mano.
Ce lo racconta Anna, oggi una madre felice, ma che nel suo trascorso ha visto volar via tre bimbi. E ci penserà sempre a quei volti che non riesce a definire; occupano una parte nascosta del suo cuore da dove nessuno potrà strapparli mai più.
“È difficile spiegare a parole cosa si prova quando una donna perde il bambino che portava in grembo e il sogno si spezza. Ancora più difficile quando quei bambini sono due e quella gravidanza è stata inseguita per anni, con tutte le proprie forze ed oltre.
A me è capitato.
Qualcuno o qualcosa ha deciso così…
È successo tutto a ridosso del Natale e del mio 31 esimo compleanno, con quell’ironia crudele che ha a volte la vita.
Ricordo un centro commerciale gremito di gente allegra e io arrabbiata con il mondo. Ricordo di essermi imbattuta in una vecchia coppia di amici e lei che portava in giro come un trofeo il suo pancione di 7 mesi. E ricordo la sua domanda, puntuale come una cambiale: “E tu non ci pensi mai a un figlio?” ed io che farfuglio qualche scusa mentre dentro di me urlo.
Se ci penso mai?? Ci penso sempre a un figlio. Ci penso giorno e notte. Tutta la mia vita è votata a quel figlio non ancora nato, ogni istante la mia mente e il mio cuore vanno lì, il mio chiodo fisso.
E se non ci penso io me lo ricorda il mio corpo che non vuole lasciar andare via quell’ultimo pezzetto di vita rimasto.
Ci sono voluti infatti 40 giorni a ripulirmi per bene. 40 giorni che sono stati uno stillicidio tra prelievi del sangue e attese interminabili in ospedale, in coda insieme alle partorienti che andavano a fare i monitoraggi. Ad aspettare e sperare, assurdo paradosso, che quel pezzetto di vita rimasta se ne fosse andato da solo, senza bisogno di un raschiamento.
Ricordo le frasi di circostanza dei familiari di mio marito “Sei giovane, hai ancora tempo”.
Come se non sapessero che l’infertilità non guarda in faccia neanche all’età. Come se non sapessero che per noi non succede così, da un mese all’altro.
Ricordo le frasi dell’amica che vuole spronarmi, ma risulta solo insensibile nel parlarmi “della prossima volta” quando sono ancora ricoverata in ospedale. Come se quei due puntini non fossero stati i miei figli, ma solo due meteore qualunque, stelle cadenti dimenticate.
Ma tra l’insensibilità delle frasi della gente e del personale medico ricordo anche il conforto e la solidarietà delle donne che, come me, avevano vissuto l’esperienza di questo lutto senza casa e senza nome.
Che mi dicevano che si sopravvive anche se in quel momento ti senti morire, che magari ricorderai l’anniversario di quel triste giorno con una nuova scintilla di vita nella pancia.
E così è stato anche per me.
Sono riuscita a elaborare quell’esperienza assurda solo perché sei mesi dopo sono rimasta di nuovo incinta.
Un’altra gravidanza gemellare che si è portata dietro il peso delle paure e dell’incredulità. Che mi ha portato a vivere un’altra esperienza ancora più straniante, ovvero la perdita di un embrione e il proseguimento dell’altro. Dove non puoi più concederti il lusso di piangere perché la vita che va avanti dentro di te merita il suo tributo. Una gravidanza che finalmente ha visto l’avverarsi del sogno e che ha messo a tacere il dolore.
E ora che mia figlia ha due anni riesco a sorridere quando, guardando il cielo, saluto le mie tre stelle cadenti. I miei primi figli.”
(photo credit: Sometimes I Cry – I’m Only Human via photopin license)
8 Comments
Mi sono commossa tantissimo. Non sarebbero potute essere più giuste altre parole di quelle che hai usato.
Sono davvero felice per Anna per il fatto che abbia avuto la possibilità di abbracciare con il tempo la sua creatura, anche se mi rendo conto che per quanto “lontano” quello che ha sopportato é un dolore che rimarrà per sempre.
Ti abbraccio.
Grazie Giada,
Si purtroppo certe ferite non si rimarginano facilmente ed e’ davvero dura rialzarsi e riprendere il cammino. Tutta la mia stima a queste Donne con la D maiuscola….e ne ho incontrate diverse ….
Tutto vero.
Un anno fa ho avuto un aborto spontaneo e da quel momento qualcosa dentro di me si è rotto. I pezzi non sono mai tornati al proprio posto.
Nonostante adesso sia incinta e felice di esserlo, nonostante manchino ormai 20 giorni circa per stringere il mio piccolino. Adesso capisco che cosa vuol dire chi afferma che di figli ne puoi avere anche cento, ma il dolore di perderne uno è sempre lo stesso.
Io sento che ho perso un figlio e nessuno capisce questo dolore. Sento che questo bambino che sta per nascere avrebbe potuto avere un fratellino o una sorellina che nessuno di noi vedrà mai.
E mi sono scontrata con l’insensibilità di chi “ma sì,sei giovane, hai tempo…” e con quella ancora più meschina di quelli “se non avessi fatto il test di gravidanza avresti pensato a un semplice ritardo, non avresti nemmeno saputo di essere incinta”. Sì, ma io lo sapevo. Così come mi sono scontrata con le mamme mafiose che parlano di tutto tranne di questo, proprio quando ne avresti più bisogno perchè ti senti un’appestata. E’ un lutto negato, che non puoi sfogare perchè per il resto del mondo non esiste.
Quindi tutto vero.
La gioia di questo bambino che mi scalcia nella pancia impaziente di nascere è autentica e già lo amo, ma un bambino non sostituisce l’altro. E non so come si possa credere il contrario.
Ogni dolore ci cambia e come donne, credo che il dolore più grande sia perdere i figli, anche se mai conosciuti e mai guardati neglio occhi
……e resteremo per sempre a chiederci che volto avrebbero avuto…. che grandi sogni avrebbero realizzato….
…è successo anche a me, lo scorso anno. Tante lacrime, tanti sensi di colpa inutili, tante domande. In quel momento pensi che nessuno possa capire cosa stai provando. Ora sono al 7° mese di gravidanza e prego tutti i giorni affinché io possa, tra qualche mese, stringere tra le braccia il mio piccino.
Grazie a tutti per i vostri commenti, sono io la Anna di questa storia. Purtroppo la vita con me e’ stata ancora una volta beffarda. Poco dopo l’uscita di questo articolo ho scoperto, con mia immensa incredulità,di essere rimasta di nuovo incinta. Questa volta naturalmente. Ma alla nona settimana un nuovo schiaffo in pieno viso: aborto spontaneo per assenza di battito. Ed ora la cicatrici sul cuore sono quattro. Fa male anche se si è già mamme. E vorrei comunque baciare terra per avere lei, la mia bambina. Senza di lei sarei disperata. Il suo sorriso invece mi aiuta ad andare avanti…ma quel dolore dentro, che nessuno sa, mi accompagna ogni giorno. Ho voluto condividerlo con voi, perché come avete detto, questo lutto non trova mai uno spazio per essere vissuto.
La perdita di un figlio fa sempre male, anche se si è già mamme. Ti sono vicina. Un abbraccio